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LA GLOSSOLALIA


di Roberto Bracco







Parte Settima: La Glossolalia in relazione al Battesimo nello Spirito Santo






1. Il battesimo nello Spirito Santo come "potenza" e non solo "lingue"

2. Risposta al Primo Quesito: Relazione tra "glossolalia" e "dono delle lingue"

2a. Che cos’è la glossolalia?

2b. Le lingue restano patrimonio del credente o possono cessare?

3. Risposta al Secondo Quesito





1. Il battesimo nello Spirito Santo come "potenza" e non solo "lingue"

Non tutti accettano il principio biblico che precisa che le esperienze spirituali possono essere molteplici e multiformi ed è per questo che ritengo utile precisare che, quando noi parliamo di "battesimo nello Spirito", non ci riferiamo "alla confessione di fede" "alla rigenerazione" o ad una qualsiasi generica esperienza spirituale, ma a quella vera, completa immersione, che è anche saturazione, traboccamento, che conferisce potenza, che abilita il credente alla testimonianza, alla vita eroica (Fatti 1:5; 2:38).

Se durante i decenni del nostro secolo c’è stato un movimento che ha saputo svolgere un servizio dinamico e che ha potuto vedere risultati sorprendenti, e mi riferisco al movimento pentecostale, questo movimento c’è stato e c’è con tutta la propria esperienza in virtù del battesimo nello Spirito che è potenza che supplisce abbondantemente alle carenze culturali, economiche, organizzative che questo movimento spesso accusa nei confronti delle chiese storiche.


Ho detto "battesimo nello Spirito" e non "glossolalia" perché è fondamentalmente inesatto che l’unico elemento o l’elemento centrale che caratterizzi il movimento pentecostale nei confronti delle diverse denominazioni evangeliche, sia costituito dal "dono delle lingue".

È vero che il credo delle diverse organizzazioni pentecostali ha sempre un articolo, che con qualche piccola differenza fra l’una e l’altra, recita costantemente: «Noi crediamo al battesimo nello Spirito che si riceve con il segno delle lingue», ma è anche vero che per la collocazione stessa delle "lingue" semplicemente quale segno evidenziale del battesimo, e quindi come un dettaglio del credo, si può concludere che queste vengono accettate per l’esatta misura che hanno nella vita cristiana in generale e nella vita carismatica in particolare.

Riferendomi alla mia esperienza personale ho già detto, in altra parte di questo scritto, che la glossolalia, quale manifestazione carismatica e quindi quale evidenza sensibile del battesimo nello Spirito, è stata esperimentata da me ed anche da tutti coloro, indistintamente, che ho personalmente veduti "battezzati" in quello che ormai è definito il "battesimo pentecostale".

Ma con questo non voglio affermare l’esistenza di una dogmatica assolutamente chiusa, anzi voglio ricordare che ci sono almeno due aspetti del problema aperti all’indagine e quindi alla fraterna discussione.

1. Quesito

Quale relazione c’è fra le "lingue" che si parlano nel momento che lo Spirito Santo ci riempie, ci battezza e le lingue di cui scrive Paolo nella prima epistola ai Corinzi, cioè il "dono carismatico".

2. Quesito

La "glossolalia" è solo e sempre il segno carismatico che evidenzia il battesimo nello Spirito?

2. Risposta al Primo Quesito: Relazione tra "glossolalia" e "dono delle lingue"

Vengo subito al primo di questi punti:

Quale relazione c’è fra le "lingue" che si parlano nel momento che lo Spirito Santo ci riempie, ci battezza e le lingue di cui scrive Paolo nella prima epistola ai Corinzi, cioè il "dono carismatico".

Molti rispondono: le prime sono un "segno" che può anche cessare dopo un po’ di tempo (sic) e le altre sono il "dono" che si manifesta in colui che è stato prima battezzato nello Spirito Santo.

A mio avviso la risposta è tutt’altro che completa e soprattutto non mi sembra che abbia un fondamento biblico perché dal più spontaneo degli esami si può solo dedurre che all’atto del battesimo nello Spirito si manifesta, nel credente, quale evidenza sensibile, il "dono delle lingue".

È vero che Paolo parla della glossolalia come di un "segno" agli inconvertiti.

Ma egli non usa questo termine per contrapporlo al "dono", anzi quando compie la sua dissertazione lo fa proprio per ampliare ed approfondire la conoscenza esatta del "dono", per Paolo, quindi, il "segno" è il dono e il "dono" è un segno.

È anche vero che nel Vangelo secondo Marco è detto del "parlare altri linguaggi…" che è un "segno".

Ma è altrettanto vero che è semplicemente ricordato come un "segno" della fede del cristiano ed è "segno" assieme all’esorcismo, alla taumaturgia che indubbiamente sono "doni" dello Spirito.

Qualcuno ha usato Marco 16:17-18 per sostenere l’esistenza di un "segno", che si differenzia formalmente o sostanzialmente dal "dono".

Dobbiamo, però, anche concludere che questa specificazione carismatica deve essere estesa anche alle "potenti operazioni", alle "guarigioni" ... e conseguenzialmente a tutti i doni dello Spirito, mentre, per riferirci a un solo passo noi leggiamo in Atti 19:6 che gli Efesini, battezzati nello Spirito, parlavano "lingue" e "profetizzavano" e pochi hanno affermato che anche la profezia possa essere qualche volta un "segno" od essere, qualche altra volta, un "dono", benché proprio in riferimento alla profezia sarebbero invece autorizzate delle distinzioni che non è opportuno ricordare in questo scritto, che è limitato al soggetto delle "lingue".

2a. Domandiamoci: che cos’è la glossolalia?

La risposta è ampiamente scontata: Una manifestazione soprannaturale che permette al credente di esprimersi in una lingua a lui sconosciuta.

Quindi

la natura della glossolalia è lo Spirito,

la forma è una lingua sconosciuta.

Non ha importanza quando e dove ci sia la manifestazione: se per la prima volta o da molte volte, essa è sempre glossolalia, cioè il "dono delle lingue".

Casomai si può distinguere tra possesso del dono e opportunità di usarlo nella guida di Dio, e quindi si può tornare allo scritto di Paolo.

Con l’esortazione: «Parlino due o tre al più…», ammette la presenza nella chiesa di tanti glossolali (o addirittura di una comunità interamente carismatica), ma raccomanda di limitare l’esercizio del dono nel tempo e nel numero.

D’altronde i discepoli di Gerusalemme non hanno espresso messaggi in lingue?

Non è forse avvenuto molte volte che il credente nel momento che è stato battezzato ha espresso messaggi, o interpretati, o dati in un’altra lingua a lui sconosciuta, ma conosciuta da qualcuno dei presenti?

Che differenza può essere ravvisata fra queste manifestazioni e quelle tanto chiaramente descritte da Paolo e che egli definisce "dono delle lingue" ?

La mia personale conclusione è che il battesimo nello Spirito immerge il credente "anche" nella vita carismatica che si "evidenzia" in lui con la manifestazione del "dono soprannaturale".

2b. Le lingue restano patrimonio del credente o possono cessare?

Continuando a sviluppare il tema "segno" - "dono" e proprio in forza di questa opposizione, ritorna il quesito già accennato: le "lingue" rimangono patrimonio del credente, assieme al battesimo, o possono cessare dopo un poco di tempo?

Anche su questo punto evito di dogmatizzare, nonostante che la mia modesta, personale esperienza, ma che posso unire a quella eminente di Paolo (1ª Cor.14:18), mi incoraggerebbe ad affermare categoricamente: le lingue rimangono come una componente del tesoro spirituale del credente; ma più che un’affermazione, che in quanto basata sopra esperienze personali potrebbe essere considerata soggettiva, ritengo utile una chiarificazione.

Nessuna esperienza spirituale, e quindi neanche il battesimo, rimane patrimonio del credente se non è costantemente alimentata e rinnovata nel corso della vita.

L’argomento andrebbe approfondito e sviluppato, ma ci porterebbe fuori e lontano dal nostro soggetto immediato, ma, per rimanere in questo, basta ricordare che in Gerusalemme almeno una parte di coloro che erano stati "riempiti" di Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, furono nuovamente "riempiti" a conclusione di una riunione di preghiera promossa e tenuta alle prime avvisaglie di persecuzioni (Atti 4:31).

Quindi coloro che erano stati già "battezzati" furono "battezzati" di nuovo, se essere riempiti vuol dire essere battezzati, o essere battezzati vuol dire essere riempiti.

Il riferimento storico che potrebbe essere arricchito da una serie nutrita di testimonianze analoghe, sembra precisare un principio di dottrina e cioè quello già anticipato:

Il battesimo nello Spirito, rappresenta un’esperienza permanente nel credente a condizione che la "pienezza" realizzata sia conservata mediante il rinnovarsi di un incontro con Dio.

A questo punto si può affermare che è almeno incoerente affermare che le lingue, evidenza del "battesimo", possano scomparire, mentre il battesimo stesso continua a rinnovarsi cioè ad essere un "nuovo battesimo".

Se a "battesimo" fa riscontro "glossolalia", le due realtà devono sussistere o scomparire soltanto nella loro relazione e cioè fino a tanto che il credente è "immerso", il fenomeno carismatico deve essere presente, quando il credente esce fuori da questa esperienza può cessare ogni manifestazione od ogni effetto dell’esperienza stessa.

Naturalmente, come è stato ripetutamente detto, il possesso di un dono non implica l’uso indiscriminato di questo, ma fra i doni che in misura maggiore possono essere inventariati nella chiesa pentecostale, la "glossolalia" occuperà sempre un posto d’avanguardia per la sua stretta relazione col battesimo nello Spirito Santo.

Un servo di Dio, autentico pioniere del movimento pentecostale, amava ripetere che egli sentiva il bisogno di un "nuovo battesimo" ogni mattina e per questo motivo rimaneva in preghiera fino a tanto che "fiumi di linguaggi" sgorgavano dalle sue labbra.


Non voglio dare a questa testimonianza l’autorità della Scrittura, che d’altronde non si pronuncia su questo punto, ma ho creduto opportuno citarla perché rappresenta un’ottima illustrazione del soggetto.

Purtroppo non sono pochi coloro che hanno desiderato, cercato e realizzato il battesimo, ma poi lo hanno totalmente trascurato e completamente soffocato; perché qualsiasi esperienza può essere distrutta.

In questi, qualche volta, si odono ancora linguaggi, ma si avverte chiaramente che sono soltanto ricordi mentali che vengono espressi senza nessun segno di vita, mentre altre volte non si odono più linguaggi e, purtroppo, non si avverte nessun altro segno di vera vita spirituale; quando l’opera rovinosa è stata condotta all’estreme conseguenze.

Ho detto "vera vita spirituale"; questa è una realtà che non va confusa con la "vita religiosa" nel senso più abusato di questo termine; possiamo infatti incontrare credenti, dirigenti ecclesiastici, ministri esteriormente perfetti nella loro vita religiosa o ecclesiastica, ma completamente privi delle risorse dello Spirito ed ovviamente totalmente sforniti delle caratteristiche della vita cristiana.

Esaurita brevemente l’analisi del primo dei due problemi, passo al secondo:

3. Risposta al secondo quesito

La "glossolalia" è "solo" e "sempre" il segno carismatico che evidenzia il battesimo nello Spirito?

Sono state scritte tante cose sull’argomento, spesso inesatte, spesso mordaci, spesso provocanti e quindi mi limito a prendere in considerazione soltanto le osservazioni più serene e più impegnative per un confronto serio e fraterno.

Voglio ricordare anzi che nel passato ho cercato sempre di evitare un attrito polemico e mi sono limitato a ricordare che:

il "battesimo" non deve essere confuso con altre e diverse esperienze spirituali e

non deve neanche essere affermato dove c’è stata soltanto una piacevole emozione religiosa o una sensazione mistica

perché la Scrittura lo descrive come un fenomeno che, saturando di potenza il credente, lo rende anche traboccante di gloria, di gioia e di vita carismatica.

Quanto scritto o detto è stato forse troppo prudente o troppo generico; in questo modesto studio però supero ogni schema precedente perché l’argomento lo impone; infatti il soggetto immediato non è il "battesimo nello Spirito", ma la "glossolalia", ed affrontando questo argomento, è necessario giungere alla definizione del pensiero in termini precisi.

Non prendo in considerazione un "articolo di fede" e non stabilisco premesse derivanti da affermazioni dogmatiche che, autorevoli che siano, chiedono sempre il conforto della Scrittura.

È logico quindi che l’analisi ed il confronto abbiano essenzialmente un fondamento biblico e credo che possiamo concordare tutti sulla scelta del libro dei Fatti quale testo peculiare e che, almeno in sei punti, si sofferma chiaramente sull’esperienza del "battesimo nello Spirito" o, se vogliamo usare altra definizione, sulla "pienezza dello Spirito".

Scelti i passi, è possibile esaminarli nel confronto delle tesi divergenti per approfondire e chiarire il problema.

I versi a cui mi riferisco, dal libro dei Fatti, sono i seguenti:

1. - Fatti 2:4 «…tutti furono ripieni dello Spirito Santo e …»

2. - Fatti 4:31 «…tutti furono ripieni dello Spirito Santo…e …»

3. - Fatti 8:17 «…essi ricevettero lo Spirito Santo»

4. - Fatti 9:17 «…sii ripieno dello Spirito Santo»

5. - Fatti 10:44 «…lo Spirito Santo cadde sopra tutti coloro che li udivano»

6. - Fatti 19:6 «… lo Spirito Santo venne sopra loro…» .

Non tutti, nell’affrontare l’argomento del "battesimo" e quello connesso alla "glossolalia", compiono la stessa scelta di versi biblici, anzi i più omettono generalmente Fatti 4:31 e 9:17, ma io credo che non si possa trascurare nessun elemento utile all’approfondimento del problema, soprattutto nessun elemento che, come quelli che emergono dai due versi, hanno un profilo storico che può essere particolarmente chiarificatore.

Per inciso si può ribadire che il "battesimo nello Spirito"conferisce sempre una potenza, una autorità, un dinamismo e questo appare in modo inequivocabile nel libro dei Fatti ove la dizione "pieno di Spirito Santo" è sempre collegata con la manifestazione della soprannaturalità nella vita e nel servizio del credente. (Fatti 4:8, 6:5, 7:5, 13:9)

Confermato il fatto che l’esperienza del battesimo si distingue da tutte le altre esperienze spirituali, torniamo al soggetto immediato e cioè a quello della relazione fra battesimo e glossolalia.

Le conclusione esegetiche del Movimento pentecostale sono note, ma per il confronto che desidero fare, devo necessariamente ricordarle articolandole in relazione ai versi scelti:

1. - Fatti 2:4 «Presero a parlare in lingue straniere, secondo che lo Spirito dava loro a ragionare…»

2. - Fatti 4:31 «…e parlavano la Parola di Dio con franchezza»

3. - Fatti 8:18 «…veggendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli, lo Spirito Santo era dato…»

4. - Fatti 9:18 «in quell’istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie»

5. - Fatti 19:6 «…e parlavano lingue strane e profetizzavano»

6. - Fatti 10:46 «…li udivano parlare diverse lingue e magnificavano Dio».

L’esame sereno, anche frettoloso di questi versi, fa emergere, in maniera inequivocabile, due elementi:

Il "battesimo" è sempre collegato ad evidenza carismatica e a fenomeni sensibili.

La "glossolalia" appare con insistenza ed evidenza.

Naturalmente dove la Scrittura non è esplicita, l’interpretazione viene data sulla base di quelle ipotesi che vengono suggerite dai passi che più chiaramente sembrano convalidare il "credo" pentecostale.

Ometto i versi contenuti nei cap. 4 e 9 del libro dei Fatti per la ragione già anticipata, cioè perché generalmente evitati dall’indagine esegetica.

Non indugio su quelli dei capitoli 2 e 10 perché chiaramente aderenti alle conclusioni che stanno alle basi del credo pentecostale.

Mi soffermo invece a ricordare le "ipotesi" formulate nell’interpretazione degli altri due passi:

Fatti 8:18.
Il battesimo realizzato dai Samaritani aveva un’evidenza che poteva essere constata tanto da "Simon Mago", che la vedeva per la prima volta, quanto dagli apostoli che invece l’aspettavano come conferma alla replicarsi del miracolo che essi stessi avevano realizzato.
Essi pregavano perché in Samaria vi fosse rinnovata sostanzialmente la Pentecoste, ma avevano bisogno di essere accertati anche attraverso la manifestazione dell’esperienza
(Fatti 8:18).

Fatti 19:6.
I credenti di Efeso, ripieni di Spirito Santo, entrano pienamente nella vita carismatica e inizialmente, come per tutti, principiano a parlare in lingue, ma, nell’esuberanza della loro esperienza, non si fermano alla manifestazione iniziale e proseguono con l’esercizio "anche" della profezia.

Mi sembra quindi che questi passi, chiariti da un esame esegetico onesto, dimostrino che la pretesa di quanti parlano di un battesimo nello Spirito realizzato senza evidenza carismatica, senza manifestazioni soprannaturali, senza acquisto di potenza, cioè di un "battesimo" conseguito attraverso una meccanica sacramentale o mediante una momentanea euforia emotiva, sono pretese prive di qualsiasi fondamento scritturale.

Mi sembra anche che gli attacchi spesso violenti ed ostili rivolti da più parti verso il "movimento pentecostale" in generale e verso il suo "credo" in particolare, non abbiano un solido fondamento, perché quanto detto fin qui unisce perfettamente l’interpretazione biblica con l’esperienza del movimento.

Non si può assolutamente affermare, come hanno fatto alcuni, che la realtà storica del movimento pentecostale sia in conflitto con le dichiarazioni della Scrittura.

Forse si può osservare che, per completare il quadro analitico, l’interpretazione di alcuni passi biblici viene data sulla base di "ipotesi", ma spero che tutti siano disposti ad ammettere che queste ipotesi non hanno nulla di ardito o di fantasioso, ma sono suggerite proprio da quei versi, da quelle parole della Scrittura che sono inequivocabili e particolareggianti.

Comunque una cosa appare fuori da ogni possibile controversia e cioè:

Il battesimo nello Spirito è sempre una vera "immersione" nella vita spirituale e quindi nella vita carismatica; da questa immersione non può non derivare la manifestazione di quei fenomeni costituiti dai doni dello Spirito dati da Dio per la edificazione del credente e della chiesa e poiché fra questi la "glossolalia" sembra essere, per la sua forma particolare, il più facilmente individuabile, non deve apparire strana la sua costante presenza nell’esperienza pentecostale.





Collegamento allo studio originale sul sito dal sito della Chiesa di Roma alla pagina interna raggiungibile al link seguente Persecuzione in Italia - di Roberto Bracco-pdf


RIASSUMENDO:

1. Il battesimo nello Spirito Santo come "potenza" e non solo "lingue"

Se durante i decenni del nostro secolo c’è stato un movimento che ha saputo svolgere un servizio dinamico e che ha potuto vedere risultati sorprendenti, e mi riferisco al movimento pentecostale, questo movimento c’è stato in virtù del battesimo nello Spirito che è potenza che supplisce abbondantemente ad ogni tipo di carenza .

Ho detto "battesimo nello Spirito" e non "glossolalia" perché è fondamentalmente inesatto che l’unico elemento che caratterizzi il movimento pentecostale nei confronti delle diverse denominazioni evangeliche, sia costituito dal "dono delle lingue".

Ci sono almeno due aspetti del problema aperti all’indagine e quindi alla fraterna discussione.

1. Quesito: quale relazione c’è fra le "lingue" che si parlano nel momento che lo Spirito Santo ci riempie, ci battezza e le lingue di cui scrive Paolo nella prima epistola ai Corinzi, cioè il "dono carismatico".

2. Quesito: La "glossolalia" è solo e sempre il segno carismatico che evidenzia il battesimo nello Spirito?

2. Risposta al Primo Quesito: Relazione tra "glossolalia" e "dono delle lingue"

Molti rispondono: le prime sono un "segno" che può anche cessare dopo un po’ di tempo (sic) e le altre sono il "dono" che si manifesta in colui che è stato prima battezzato nello Spirito Santo.

Dal più spontaneo degli esami si può solo dedurre che all’atto del battesimo nello Spirito si manifesta, nel credente, quale evidenza sensibile, il "dono delle lingue".

- È vero che Paolo parla della glossolalia come di un "segno" agli inconvertiti, ma egli non usa questo termine per contrapporlo al "dono".

- È anche vero che nel Vangelo secondo Marco è detto del "parlare altri linguaggi…" che è un "segno", ma è altrettanto vero che è semplicemente ricordato come un "segno" della fede del cristiano ed è "segno" assieme all’esorcismo, alla taumaturgia che indubbiamente sono "doni" dello Spirito.

- Qualcuno ha usato Marco 16:17-18 per sostenere l’esistenza di un "segno", che si differenzia formalmente o sostanzialmente dal "dono". Dobbiamo, però, anche concludere che questa specificazione carismatica deve essere estesa anche alle "potenti operazioni", alle "guarigioni" ... e conseguenzialmente a tutti i doni dello Spirito.


2a. Domandiamoci: che cos’è la glossolalia?

La risposta è ampiamente scontata: Una manifestazione soprannaturale che permette al credente di esprimersi in una lingua a lui sconosciuta.

Non ha importanza quando e dove ci sia la manifestazione: se per la prima volta o da molte volte, essa è sempre glossolalia, cioè il "dono delle lingue".

Casomai si può distinguere tra possesso del dono e opportunità di usarlo nella guida di Dio, e quindi si può tornare allo scritto di Paolo.

Con l’esortazione: «Parlino due o tre al più…», ammette la presenza nella chiesa di tanti glossolali (o addirittura di una comunità interamente carismatica), ma raccomanda di limitare l’esercizio del dono nel tempo e nel numero.

Che differenza può essere ravvisata fra queste manifestazioni e quelle tanto chiaramente descritte da Paolo e che egli definisce "dono delle lingue"?

La mia personale conclusione è che il battesimo nello Spirito immerge il credente "anche" nella vita carismatica che si "evidenzia" in lui con la manifestazione del "dono soprannaturale".


2b. Le lingue restano patrimonio del credente o possono cessare?

Nessuna esperienza spirituale, e quindi neanche il battesimo, rimane patrimonio del credente se non è costantemente alimentata e rinnovata nel corso della vita. Basta ricordare che a Gerusalemme almeno una parte di coloro che erano stati "riempiti" di Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, furono nuovamente "riempiti" a conclusione di una riunione di preghiera promossa e tenuta alle prime avvisaglie di persecuzioni (Atti 4:31).

A questo punto si può affermare che è almeno incoerente affermare che le lingue, evidenza del "battesimo", possano scomparire, mentre il battesimo stesso continua a rinnovarsi cioè ad essere un "nuovo battesimo".

La "vera vita spirituale" è una realtà che non va confusa con la "vita religiosa"; possiamo infatti incontrare credenti, dirigenti ecclesiastici, ministri esteriormente perfetti nella loro vita religiosa o ecclesiastica, ma completamente privi delle risorse dello Spirito ed ovviamente totalmente sforniti delle caratteristiche della vita cristiana.


3. Risposta al secondo quesito: La "glossolalia" è "solo" e "sempre" il segno carismatico che evidenzia il battesimo nello Spirito?

I versi a cui mi riferisco, dal libro dei Fatti, sono i seguenti: Fatti 2:4; Fatti 4:31; Fatti 8:17, Fatti 9:17; Fatti 10:44; Fatti 19:6

L’esame sereno, anche frettoloso di questi versi, fa emergere, in maniera inequivocabile, due elementi:

- Il "battesimo" è sempre collegato ad evidenza carismatica e a fenomeni sensibili.

- La "glossolalia" appare con insistenza ed evidenza.

Non si può assolutamente affermare, come hanno fatto alcuni, che la realtà storica del movimento pentecostale sia in conflitto con le dichiarazioni della Scrittura.